La tartaruga verde non è più a rischio estinzione: una vittoria storica, ma la sfida continua
La tartaruga verde (Chelonia mydas), per anni considerata a rischio, non è più considerata una specie in pericolo di estinzione.
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LLa tartaruga verde (Chelonia mydas) non è più considerata una specie in pericolo di estinzione. L’aggiornamento ufficiale arriva dall’IUCN ed è stato annunciato durante il congresso mondiale per la conservazione della natura ad Abu Dhabi. Si tratta di un traguardo eccezionale: dopo decenni di interventi internazionali, la tartaruga verde è stata riclassificata da “in pericolo” a “rischio minimo”.
Una notizia che infonde speranza, dimostrando che proteggere la biodiversità funziona. Ma allo stesso tempo ci ricorda quanto sia necessario non abbassare la guardia.
Tartaruga verde, una specie salvata dalla cooperazione globale
Per secoli la tartaruga verde è stata oggetto di caccia intensiva per ricavarne carne, zuppa e carapaci ornamentali. Negli anni ’80 la specie era sull’orlo della scomparsa. Da quel momento è iniziata una vera e propria mobilitazione planetaria: protezione dei nidi sulle spiagge, campagne di sensibilizzazione, regole più severe sulla pesca e l’introduzione di attrezzi innovativi per evitare catture accidentali.

Grazie a questi sforzi, le popolazioni sono tornate lentamente a crescere: la presenza globale è aumentata di circa 28% dagli anni ’70. Alcune sottopopolazioni, come quella delle Hawaii, hanno mostrato progressi così significativi da essere riclassificate già negli anni scorsi.
Il WWF avverte: “Non è il momento di fermarsi”
Il cambiamento di status è motivo di celebrazione, ma resta una condizione fragile. Come sottolinea Christine Madden, responsabile globale della conservazione delle tartarughe marine del WWF, questa è una grande vittoria che dimostra l’efficacia di un’azione coordinata, ma molte popolazioni restano minacciate da catture accidentali nei palangari e nelle reti da posta, pesca eccessiva nelle aree costiere, perdita di habitat critici, come le spiagge di nidificazione e dagli effetti del riscaldamento climatico. L’aumento della temperatura, ad esempio, altera la determinazione del sesso dei piccoli: più caldo significa più femmine, con pesanti squilibri futuri.
Presente nelle acque tropicali e subtropicali di tutto il mondo, la tartaruga verde si distingue per le sue lunghe migrazioni tra aree di alimentazione e spiagge di nidificazione anche a migliaia di chilometri di distanza. Il suo nome non deriva dal colore del guscio ma dal grasso interno di tonalità verdognola, dovuto alla dieta a base di alghe e fanerogame marine.
In Italia è una presenza rara ma documentata, con avvistamenti occasionali nel Mediterraneo. Nel 2024 si è registrato persino un tentativo di nidificazione in Calabria, segnale importante per i cambiamenti in corso negli ecosistemi marini.
Tante specie ancora in pericolo
Accanto a questa buona notizia, l’IUCN ricorda che la biodiversità mondiale continua a essere in forte declino: su 172.620 specie valutate, 48.646 sono minacciate di estinzione. Criticità molto gravi emergono per:
- coralli (44% delle specie a rischio)
- anfibi (41%)
- uccelli (61% in declino demografico)
E perfino grandi mammiferi marini come le foche artiche stanno peggiorando il loro stato di conservazione a causa della perdita dei ghiacci.
Una vittoria simbolo: se proteggiamo la natura, proteggiamo noi stessi
La riclassificazione della tartaruga verde è molto più di un semplice dato scientifico: è la prova concreta che ripristinare gli ecosistemi è possibile. Ma la lotta non è finita. Oceani, fiumi e habitat costieri restano sotto pressione: infrastrutture, inquinamento e riscaldamento globale continuano a erodere la salute del pianeta. Proprio per questo, il congresso di Abu Dhabi ha rilanciato un messaggio fondamentale: salvare la biodiversità significa salvare il nostro futuro.