La Norvegia sospende l’estrazione mineraria nei fondali artici: una vittoria per oceani e clima
La Norvegia ha deciso di sospendere per quattro anni ogni progetto di esplorazione ed estrazione mineraria nelle acque artiche.
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LLa Norvegia ha annunciato il compimento di un passo storico nella tutela degli ecosistemi marini più fragili del pianeta. Pur essendo uno dei principali produttori mondiali di petrolio e gas, il Paese ha deciso di sospendere per quattro anni ogni progetto di esplorazione ed estrazione mineraria nelle acque artiche. La moratoria, frutto di un accordo politico sul bilancio nazionale, segna una significativa inversione di rotta rispetto ai piani approvati solo un anno fa per aprire vaste aree della piattaforma continentale al cosiddetto “deep-sea mining”.
L’estrazione mineraria in acque profonde è vista dall’industria come una nuova frontiera per recuperare minerali strategici, dal cobalto alle terre rare, indispensabili per batterie e tecnologie green. Ma la comunità scientifica avverte da tempo sui rischi potenzialmente irreversibili per la biodiversità marina, ancora largamente sconosciuta. Per questo la decisione norvegese è stata accolta con entusiasmo da associazioni e ricercatori: secondo il WWF locale, si tratta di una “vittoria storica” che dimostra come la politica sia finalmente pronta ad ascoltare la scienza.
Fondali artici, un ambiente poco conosciuto e molto vulnerabile
Sui fondali artici vivono organismi unici, adattati a pressioni estreme, buio perpetuo e temperature rigide. Disturbare questi habitat con draghe e perforazioni potrebbe provocare estinzioni locali e alterazioni della catena alimentare, oltre a rilasciare sedimenti e carbonio intrappolati da millenni. Per questo l’Agenzia norvegese per l’ambiente e l’Istituto di ricerca marina hanno espresso pareri nettamente contrari allo sfruttamento minerario, ritenendolo oggi né ambientalmente responsabile né legalmente difendibile.

La sospensione offre tempo per valutare, con studi rigorosi, fino a che punto gli oceani possano sopportare una nuova grande pressione industriale. Allo stesso tempo, apre un dibattito più ampio: la transizione ecologica deve davvero passare per gli abissi?
Dalla Norvegia un segnale all’Europa e al mondo
La decisione di Oslo si inserisce in una crescente mobilitazione internazionale per proteggere i fondali marini. Quaranta Paesi chiedono già una moratoria globale e il Parlamento europeo ha espresso preoccupazione per il mining oceanico, mentre aziende come Google e BMW hanno scelto di non utilizzare minerali estratti dalle profondità. La Norvegia, che copresiede il gruppo internazionale per un’economia oceanica sostenibile, ora può rafforzare la propria leadership trasformando questa pausa in una posizione definitiva.
Come ha ricordato Karoline Andaur, CEO di WWF Norvegia, “il fragile ambiente delle profondità marine non può essere sacrificato alle lobby minerarie”. Il messaggio è chiaro: proteggere gli oceani significa proteggere il clima, la biodiversità e il futuro delle generazioni che verranno.
L’altra sfida: l’addio ai combustibili fossili
La moratoria sul mining, però, lascia irrisolto un nodo centrale. La Norvegia resta l’undicesimo produttore mondiale di petrolio e gas, con un contributo significativo alle emissioni globali. I partiti verdi hanno abbandonato il tavolo di negoziazione proprio per l’assenza di limiti alle nuove licenze fossili. Per questo è stata istituita una commissione di transizione che dovrà indicare un percorso socialmente equo per superare l’economia basata sugli idrocarburi.