Italia sempre più cementificata: nel 2024 persi 84 km² di suolo, solo 5 restituiti alla natura

Quindici regioni in Italia hanno già superato la soglia del 5% di territorio consumato. A guidare la classifica è la Lombardia.

Italia sempre più cementificata: nel 2024 persi 84 km² di suolo, solo 5 restituiti alla natura

IIl nuovo Rapporto ISPRA-SNPA 2024 sul consumo di suolo descrive un’Italia che continua a coprire di cemento, asfalto e infrastrutture territori naturali e agricoli a un ritmo insostenibile. Nel solo 2024, sono stati consumati 84 chilometri quadrati di suolo — un incremento del 16% rispetto all’anno precedente — mentre appena 5 km² sono stati restituiti alla natura. In termini più concreti, ogni ora scompare un’area grande come un campo da calcio.

Il suolo, risorsa viva e non rinnovabile, si sta frammentando sotto il peso di nuove aree industriali, logistiche e residenziali. Dietro ai numeri ci sono ecosistemi cancellati, campi agricoli convertiti in parcheggi e capannoni, e città sempre più impermeabili, vulnerabili e calde. Il report, curato da Michele Munafò, lancia un messaggio inequivocabile: continuare a costruire senza limiti significa perdere servizi ecosistemici fondamentali come la regolazione idrica, la fertilità dei terreni e la capacità di assorbire CO₂.

Italia sempre più cementificata: le regioni più colpite

Quindici regioni italiane hanno già superato la soglia del 5% di territorio consumato. Le maglie nere sono:

  • Lombardia: 12,22%
  • Veneto: 11,86%
  • Campania: 10,61%

Nel 2024 la crescita maggiore si è registrata in Sardegna (+0,83%), Abruzzo (+0,59%), Lazio (+0,56%) e Puglia (+0,52%). L’Emilia-Romagna guida la classifica per nuovo consumo (1.000 ettari in più), seguita da Lombardia, Puglia, Sicilia e Lazio. Solo Valle d’Aosta, Liguria e Molise restano sotto i 50 ettari di nuove coperture artificiali.

Italia sempre più cementificata

Il rapporto evidenzia inoltre un paradosso: le superfici artificiali crescono anche dove la popolazione diminuisce. La relazione tra urbanizzazione e demografia, spiegano gli esperti ISPRA, «non è più diretta». In molte aree del Paese si costruisce non per necessità abitativa, ma per logiche economiche e speculative.

Ripristino troppo lento: solo 5 km² restituiti alla natura

Nel 2024, le aree rinaturalizzate — cave dismesse, ex cantieri, spazi abbandonati — sono state appena 5,2 km², in calo rispetto agli 8,2 del 2023. Un passo indietro che preoccupa, soprattutto dopo l’approvazione della nuova Direttiva europea sul suolo, che punta a garantire suoli sani entro il 2050.

Un esempio virtuoso arriva dall’Emilia-Romagna, dove il recupero di aree industriali e cave ha restituito 143 ettari alla natura. Ma, nel complesso, resta una goccia nel mare di cemento che continua a espandersi.

Italia cementificata: zone fragili e coste sempre più compromesse

Preoccupa l’espansione edilizia anche nelle aree più vulnerabili: +1.303 ettari in zone a rischio idraulico e +600 ettari in aree soggette a frane. Sulle coste, il suolo coperto entro i primi 300 metri dal mare raggiunge ormai il 22,9%, più del triplo della media nazionale.

Neppure le aree protette e i siti Natura 2000 sono al riparo: qui il consumo di suolo è aumentato rispettivamente di 81 e 192 ettari. Nelle città, infine, sono scomparsi altri 3.750 ettari di verde, riducendo lo spazio vitale per la natura urbana e peggiorando la qualità della vita dei cittadini.

Italia sempre più cementificata

Il report avverte che anche la transizione energetica può diventare una nuova forma di consumo di suolo, se non pianificata correttamente. Nel 2024, gli impianti fotovoltaici a terra hanno occupato oltre 1.700 ettari, quadruplicando in un solo anno. L’80% di queste installazioni insiste su terreni agricoli, soprattutto in Lazio, Sardegna e Sicilia.

La soluzione più sostenibile resta l’agrivoltaico, che consente di produrre energia rinnovabile senza sacrificare i terreni agricoli. Tuttavia, nel 2024 la sua estensione è scesa a soli 132 ettari. Serve una pianificazione energetica che coniughi decarbonizzazione e tutela del territorio.

Il nuovo cemento “digitale”

Accanto al cemento tradizionale avanza quello “digitale”: poli logistici, magazzini e data center. Dal 2006 a oggi, le superfici destinate alla logistica hanno superato i 6.000 ettari, con nuove espansioni in Emilia-Romagna (+107 ettari), Piemonte (+74) e Lombardia (+69).

I data center, spinti dalla domanda crescente di infrastrutture cloud, hanno occupato nel 2024 oltre 37 ettari, concentrati soprattutto nel Nord Italia. Un fenomeno in crescita che, senza regole, rischia di trasformare l’innovazione digitale in una nuova forma di impermeabilizzazione del suolo.

Il quadro delineato da ISPRA è chiaro: l’Italia consuma suolo a ritmi incompatibili con la sostenibilità. Le infrastrutture impermeabili coprono oggi il 7,17% del territorio nazionale, contro una media europea del 4,4%.

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