Il costo della siccità continua a salire: senza riforme, +35% entro il 2035
Africa subsahariana, Asia meridionale, Medio Oriente e Nord Africa sono le aree geografiche più a rischio siccità. L’allarme dell’OCSE.
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LLa siccità è ormai una crisi permanente e non più un fenomeno occasionale. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che nel nuovo rapporto Global Drought Outlook avverte: senza riforme urgenti dei sistemi idrici e irrigui, il costo economico della siccità crescerà di oltre il 35% nei prossimi dieci anni.
Ogni dollaro investito nella resilienza può prevenire perdite quasi dieci volte superiori, secondo l’OCSE. L’analisi sottolinea che la superficie terrestre esposta alla siccità è raddoppiata tra il 1900 e il 2020 e che il fenomeno è diventato più frequente e intenso, soprattutto a causa del cambiamento climatico.

Secondo Jo Tyndall, direttrice del Direttorato Ambiente dell’OCSE, l’impatto economico medio di un evento siccitoso oggi è sei volte superiore rispetto all’anno 2000, con una tendenza destinata a peggiorare.
Quanto costa la siccità?
Il rapporto stima che un singolo episodio di siccità possa incidere tra lo 0,1% e l’1% del PIL di una nazione, in base al grado di dipendenza da agricoltura o energia idroelettrica. Ma i costi reali sono ben più ampi: diminuzione della produttività, aumento dei prezzi, impoverimento delle comunità rurali, migrazioni forzate e maggiore pressione sui sistemi sanitari e infrastrutturali.
L’agricoltura è il settore più colpito: utilizza quasi il 70% dell’acqua dolce disponibile e subisce pesantemente gli effetti dell’innalzamento delle temperature, della siccità prolungata e della degradazione del suolo.
Le regioni più vulnerabili
Africa subsahariana, Asia meridionale, Medio Oriente e Nord Africa sono le aree geografiche più a rischio. Le loro infrastrutture deboli e la limitata capacità di adattamento rendono difficile garantire l’accesso all’irrigazione e all’acqua potabile. In Paesi come Etiopia, Sudan, Madagascar e Yemen, la carenza idrica mette a rischio la sussistenza e favorisce conflitti per l’uso delle risorse condivise.
L’OCSE mette anche in guardia da soluzioni a breve termine come la desalinizzazione o l’eccessivo sfruttamento delle falde, che possono aggravare i problemi ambientali ed economici nel lungo periodo.
Tre strategie per affrontare la siccità
Il rapporto propone tre strategie interconnesse per ridurre gli impatti della siccità:
- Efficienza dell’irrigazione: promuovere tecnologie come i sistemi a goccia o a pioggia può ridurre fino al 76% l’uso di acqua rispetto all’irrigazione a sommersione. Un cambiamento cruciale per migliorare la resilienza agricola.
- Tariffazione realistica dell’acqua: rivedere i prezzi per riflettere il vero valore economico e ambientale della risorsa. L’OCSE suggerisce di eliminare sussidi dannosi, introdurre tasse progressive e incentivi per il risparmio idrico, proteggendo al tempo stesso le fasce più vulnerabili della popolazione.
- Integrazione nei piani climatici: includere l’acqua nelle strategie nazionali di adattamento al clima, coordinando le politiche su agricoltura, energia e urbanistica. Il coinvolgimento delle comunità locali e l’uso di dati affidabili sono elementi chiave per la buona riuscita delle politiche.
Serve un cambiamento immediato
Come ha affermato Abdelhamid Kleo, professore associato di geomorfologia in Egitto, “la siccità non è più un evento meteorologico periodico, ma una crisi geomorfologica”. Un nuovo paradigma che impone azioni rapide e coordinate. In assenza di riforme, le conseguenze si riverseranno soprattutto sui Paesi con risorse limitate, ampliando le disuguaglianze e accelerando l’insicurezza idrica globale.