Foresta atlantica in Brasile: dal degrado alla rinascita grazie a progetti di riforestazione
Un tempo immensa e rigogliosa, oggi la foresta pluviale atlantica del Brasile sopravvive solo in piccola parte: ma c’è ancora speranza.
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UUn tempo immensa e rigogliosa, oggi la foresta pluviale atlantica del Brasile sopravvive solo in piccola parte: appena il 12% della sua estensione originale è ancora in piedi. Un bioma considerato tra i più ricchi di biodiversità del pianeta – ospita il 7% delle specie vegetali e il 5% dei vertebrati – è stato ridotto drasticamente a causa della deforestazione, dell’urbanizzazione incontrollata e dell’espansione agricola.
Questa foresta, che si estende lungo la costa orientale brasiliana e abbraccia metropoli come Rio de Janeiro e San Paolo, è anche l’habitat di circa 150 milioni di persone. Ripristinarla significa non solo tutelare la biodiversità, ma anche migliorare la qualità della vita umana, contrastare il cambiamento climatico e rafforzare la resilienza delle comunità locali.
Negli ultimi decenni, grazie a un mix di politiche pubbliche, iniziative locali e progetti privati, si stanno aprendo spiragli per una rigenerazione concreta. Ne sono esempio i 3mila ettari riforestati a Rio de Janeiro a partire dagli anni ’80 grazie all’iniziativa del Gruppo di Mutuo Soccorso per la Riforestazione. Ma è soprattutto il progetto lanciato da Biomas che oggi segna una svolta su scala più ampia.
Il progetto Mucununga: oltre 2 milioni di alberi per far rinascere la foresta atlantica
Biomas, startup brasiliana per la restaurazione ecologica sostenuta da colossi come Vale, Suzano, Santander Brasil, Itaú, Marfrig e Rabobank, ha avviato il progetto Mucununga nello stato di Bahia, con l’obiettivo di rigenerare 1.200 ettari di foresta pluviale atlantica. L’investimento complessivo è di 9,7 milioni di dollari, destinati a piantare oltre 2 milioni di alberi autoctoni su terreni messi a disposizione da Veracel Celulose, in precedenza utilizzati per la produzione di cellulosa.
L’iniziativa non si limita alla riforestazione, ma adotta una visione sistemica del ripristino ambientale: le attività comprendono la mappatura delle aree degradate, il coinvolgimento attivo delle comunità locali, la preparazione dei suoli e un attento monitoraggio della salute forestale. L’obiettivo è quello di ricostruire un ecosistema funzionale, capace di rigenerare suolo, acqua e biodiversità, con ricadute positive anche su economia e società.
“La foresta pluviale atlantica è un hotspot globale di biodiversità,” ha dichiarato Fabio Sakamoto, CEO di Biomas. Secondo l’azienda, l’intervento permetterà di ottenere circa 500.000 crediti di carbonio nei prossimi 40 anni, ciascuno equivalente a una tonnellata di CO₂ sottratta all’atmosfera. Ma al di là dei numeri, il progetto mira a mantenere temperature più fresche, acqua più pulita, maggiore produttività agricola e benessere diffuso per persone, animali e piante.
Un modello partecipativo per un impatto duraturo
Il successo della riforestazione dipenderà anche dal coinvolgimento delle comunità locali, fin dall’inizio integrate nel processo attraverso momenti di ascolto e consultazione. Questa strategia serve a garantire non solo l’adesione sociale al progetto, ma anche un impatto positivo sul piano economico, culturale ed educativo.
Biomas si distingue anche per la scelta di partire dal “corridoio atlantico”, a differenza di altri operatori come Mombak e re.green, focalizzati principalmente sull’Amazzonia. La startup ha già mappato le opportunità in entrambi i biomi e intende continuare a lavorare su scala nazionale per riportare in vita ecosistemi vitali per la lotta al cambiamento climatico.