Ambiente ed economia, un legame da ripensare: cosa dice l’ultimo Rapporto EEA
In Europa l’ambiente “non gode buona salute”, pur a fronte di progressi reali nella riduzione delle emissioni climalteranti.
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LLa fotografia scattata dall’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) è nitida: in Europa l’ambiente “non gode buona salute”, pur a fronte di progressi reali nella riduzione delle emissioni climalteranti, nel miglioramento della qualità dell’aria e nella crescita delle rinnovabili. La diagnosi non è un esercizio accademico: il Rapporto Europe’s environment and climate: knowledge for resilience, prosperity and sustainability avverte che cambiamento climatico e degrado degli ecosistemi minacciano direttamente la competitività del continente. Da qui l’appello a cambiare paradigma: proteggere la natura non è un costo, ma un investimento nella salute, nella sicurezza e nell’economia.
Ambiente ed economia, cosa dice l’ultimo Rapporto EEA
La posizione è condivisa ai massimi livelli istituzionali. Jessika Roswall, commissaria per Ambiente, resilienza idrica ed economia circolare competitiva, sollecita a “ripensare il legame tra ambiente ed economia”, mentre Wopke Hoekstra, commissario per Clima e crescita pulita, ricorda che l’Europa è il continente che si riscalda più rapidamente e che i costi dell’inazione “sono enormi”. Nelle parole della direttrice esecutiva dell’EEA, Leena Ylä-Mononen, c’è un monito ulteriore: “Non possiamo permetterci di ridimensionare le nostre ambizioni”.
Il Rapporto propone una lettura olistica: tutto è connesso. Neutralità climatica al 2050, resilienza idrica, sicurezza alimentare e difesa dalle alluvioni passano da una gestione più intelligente di suolo e acqua, dalla riduzione dell’inquinamento e dal ripristino degli ecosistemi. È un’agenda già tracciata dal Green Deal europeo e coerente con la “Bussola per la competitività” della Commissione (innovazione, decarbonizzazione, sicurezza), ma che va accelerata nell’attuazione.
Nel confronto globale l’Unione Europea parte avvantaggiata: guida la riduzione delle emissioni e dell’uso di fossili, ha raddoppiato la quota di rinnovabili dal 2005 e, nell’ultimo decennio, ha migliorato aria, riciclo ed efficienza delle risorse. Crescono anche innovazione, green jobs e finanza sostenibile. Eppure, le tendenze negative restano robuste: la biodiversità arretra su terra, acque dolci e mari per modelli di produzione e consumo non sostenibili; lo stress idrico interessa un terzo di popolazione e territori; il clima che cambia più in fretta d’ogni altra regione al mondo rende più frequenti e gravi gli eventi estremi, mettendo a rischio salute, infrastrutture ed economia.
Per questo l’EEA chiede un cambio di scala: decarbonizzare, rendere circolare l’economia, tagliare l’inquinamento e gestire responsabilmente le risorse naturali. Anche perché più circolarità significa minore dipendenza da energia e materie prime critiche e, investendo nella doppia transizione verde e digitale, l’Europa può guidare le tecnologie dure da abbattere (acciaio, cemento).
Gli avvertimenti degli esperti dell’EEA
Nel dibattito politico, il WWF avverte contro spinte alla “semplificazione” che sconfinano nella deregulation: rinviare o indebolire strumenti come il Regolamento UE sulla deforestazione (EUDR) — sostiene l’associazione — metterebbe a rischio decenni di progressi; serve invece piena applicazione delle norme per competitività, sicurezza alimentare e idrica e benessere dei cittadini. Anche Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva per una transizione “pulita, giusta e competitiva”, lega esplicitamente ambizione climatica e tenuta economica: ritardare gli obiettivi aumenta costi e disuguaglianze, indebolendo la resilienza.
Il quadro italiano è sfaccettato. Tra i punti di forza spiccano l’espansione del biologico, il percorso di crescita delle rinnovabili verso il 38,7% al 2030, il calo delle emissioni, l’estensione delle aree protette e un elevato tasso di riutilizzo dei materiali (da rafforzare riducendo la dipendenza da materie prime critiche). Le criticità restano pesanti: adattamento climatico in ritardo, gestione rifiuti disomogenea, fratture socio-economiche (divario generazionale, scarsa mobilità sociale, povertà energetica). Il PNRR e la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile — in coerenza con l’Agenda 2030 — restano leve decisive, ma vanno orientati a un approccio davvero integrato: tutela ambientale, innovazione e coesione sociale come facce della stessa strategia.
Il messaggio finale del Rapporto EEA è pragmatico. Le basi ci sono: politiche, strumenti, conoscenze ed esperienza. La differenza la farà la velocità con cui l’Europa e l’Italia sapranno trasformare la protezione della natura in politica industriale, la resilienza in vantaggio competitivo e la transizione ecologica in opportunità diffusa. Perché in un continente che si scalda più in fretta degli altri, alzare l’asticella non è un’opzione: è l’unica strada per prosperità e sicurezza.