Allevamento di polpi: l’acquacoltura carnivora rischia di diventare un nuovo disastro ambientale, etico e alimentare

Il primo allevamento intensivo di polpi alle Canarie ha riacceso il dibattito sull’acquacoltura carnivora e sulle sue conseguenze.

Allevamento di polpi: l’acquacoltura carnivora rischia di diventare un nuovo disastro ambientale, etico e alimentare

QQuella che viene spesso presentata come una risposta alla crescente domanda globale di pesce potrebbe trasformarsi, secondo gli esperti, in una nuova minaccia per gli ecosistemi marini e per la sicurezza alimentare mondiale. Il primo allevamento intensivo di polpi, che l’azienda spagnola Nueva Pescanova sta sperimentando alle Canarie, ha riacceso il dibattito sull’acquacoltura carnivora e sulle sue conseguenze. A lanciare l’allarme è il report “The growing threat of carnivorous aquaculture” pubblicato da Compassion in World Farming (CIWF), che ne mette in luce i costi ambientali, sociali ed etici.

Polpi e non solo: l’acquacoltura carnivora rischia di diventare un nuovo disastro ambientale

L’acquacoltura viene spesso citata come alternativa sostenibile alla pesca tradizionale. Quando si parla di specie carnivore, però, il bilancio cambia radicalmente: polpi, ma anche spigole, orate e salmoni allevati, dipendono infatti da mangimi a base di farina e olio di pesce, prodotti a partire da enormi quantità di fauna ittica selvatica. Questo significa che, invece di ridurre la pressione sugli oceani, l’acquacoltura carnivora la amplifica, sottraendo risorse a ecosistemi già sovrasfruttati.

Secondo le stime del CIWF, il primo allevamento commerciale di polpi al mondo, nelle Isole Canarie, potrebbe richiedere fino a 28mila tonnellate di pesce selvatico all’anno per produrre circa 3mila tonnellate di carne di polpo. In termini pratici, questo si tradurrebbe nell’utilizzo di circa due miliardi di pesci come mangime già nella fase iniziale, con un potenziale aumento fino a sette miliardi di esemplari entro il 2040. Un’enormità che rende evidente la sproporzione tra input e output e l’inefficienza di questo modello produttivo.

Da dove arriva il pesce usato per i mangimi?

A rendere il quadro ancora più preoccupante è l’origine del pesce utilizzato per produrre i mangimi. Le aree maggiormente coinvolte sarebbero Africa occidentale, Sud America e Sud-est asiatico: regioni in cui la pesca di sussistenza e l’economia locale dipendono in modo cruciale dalle risorse marine. Deviando questi pesci verso gli allevamenti destinati ai mercati dei Paesi ricchi, si rischia di compromettere la sicurezza alimentare di milioni di persone e di aggravare disuguaglianze già profonde.

Allevamento di polpi
© Pexels

Non si tratta, però, soltanto di una questione ecologica ed economica. Il tema del benessere animale è altrettanto centrale. I polpi sono riconosciuti come animali senzienti, dotati di un’elevata intelligenza, capacità di apprendimento e comportamenti complessi. Vivono in natura una vita solitaria, esplorano l’ambiente e mostrano una spiccata curiosità. La prospettiva di allevarli in vasche sovraffollate, in ambienti artificiali e privi di stimoli, rappresenta una violazione profonda delle loro esigenze etologiche.

Precedenti tentativi di allevamento hanno già mostrato tassi di mortalità elevati, aggressività, cannibalismo e persino automutilazione dovuti a stress e deprivazione ambientale. A questo si aggiunge il metodo di macellazione proposto da Nueva Pescanova, documentato da un filmato diffuso dal CIWF: i polpi verrebbero immersi in una miscela di acqua e ghiaccio, morendo dopo una lunga agonia che può durare diversi minuti. Secondo l’associazione, ciò dimostra che non esiste un modo etico per uccidere in massa questi animali in un contesto industriale.

L’acquacoltura carnivora viene spesso promossa come soluzione rapida per la sicurezza alimentare, ma in realtà la sta compromettendo”, ha dichiarato Elena Lara, senior research and policy adviser di CIWF. Secondo l’esperta, estendere questo modello ai polpi significherebbe saccheggiare le risorse del Sud globale per alimentare mercati di lusso nei Paesi ricchi, aggravando una crisi ambientale ed etica già in atto.

Le drammatiche previsioni per l’Europa

In Europa, dal 1985 a oggi, sono state introdotte 78 nuove specie negli allevamenti, e circa il 70% dipende da mangimi di origine animale. Le previsioni indicano una crescita del settore della acquacoltura carnivora del 30% entro il 2040, mentre la richiesta di pesci foraggio potrebbe aumentare del 70%, fino a raggiungere i 2,5 milioni di tonnellate all’anno. Un trend che rischia di aggravare ulteriormente la crisi degli stock ittici globali.

Allevamento di polpi
© Pexels

Anche l’Italia è coinvolta in questa dinamica: è il terzo Paese europeo per crescita dell’acquacoltura, dopo Spagna e Regno Unito. I principali produttori di farina e olio di pesce in Europa sono oggi Norvegia, Regno Unito, Germania, Spagna, Danimarca e Paesi Bassi, con un ruolo sempre più centrale nella catena globale dei mangimi.

Per questo il CIWF ha lanciato un appello internazionale denominato “Keep Them Wild” (“Selvatici per natura”), invitando governi e istituzioni a sostenere ufficialmente il divieto dell’allevamento di polpi e a fermare l’espansione dell’acquacoltura carnivora. L’associazione ha chiesto anche ai ministri italiani dell’Ambiente, dell’Agricoltura e della Salute di sottoscrivere l’impegno.

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