La Cina supera il carbone con le rinnovabili, ma continua a esportarlo
Nel 2025, per la prima volta, la potenza installata da fonti rinnovabili in Cina ha superato quella del carbone. Una buona notizia? In parte.
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NNel 2025, per la prima volta, la potenza installata da fonti rinnovabili in Cina ha superato quella del carbone: 1,482 miliardi di kilowatt contro 1,451. Un traguardo importante, raggiunto grazie a una straordinaria accelerazione nella costruzione di impianti eolici e solari, soprattutto nell’ultimo anno. Ma dietro il dato record si cela una contraddizione che sta dividendo gli analisti: la Cina, pur investendo massicciamente nelle rinnovabili, continua a espandere la propria rete di centrali a carbone sia in patria che all’estero.
Rinnovabili in crescita in Cina, ma il carbone domina ancora la produzione
Secondo l’Amministrazione nazionale dell’energia di Pechino, solo nel primo trimestre del 2025 sono stati connessi alla rete 74,33 milioni di kilowatt di nuova capacità rinnovabile. Il dato conferma un trend già visibile nel 2024, anno in cui la Cina ha aggiunto 277 GW di fotovoltaico (28% in più rispetto al 2023) e 80 GW di eolico, cifre che da sole superano quanto installato da tutti gli altri Paesi messi insieme.
In termini di produzione effettiva di energia, però, il carbone resta ancora dominante: fornisce circa il 60% dell’energia elettrica cinese, a causa della sua maggiore continuità rispetto alle fonti intermittenti come sole e vento. In più, nel 2024 la Cina ha autorizzato nuove centrali a carbone per 94,5 GW, una cifra record dal 2015, pari al 93% delle nuove installazioni a carbone nel mondo.
Cina, una transizione energetica a due velocità
Lo scenario che si delinea è quello di una transizione energetica a doppia velocità: da un lato, la Cina compie passi da gigante sul fronte delle rinnovabili, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2060. Dall’altro, mantiene il carbone come pilastro della sicurezza energetica interna e lo promuove all’estero attraverso la Belt and Road Initiative (BRI).

Secondo il Global Energy Monitor (GEM), l’88% delle centrali a carbone in fase di costruzione nei Paesi BRICS emergenti è finanziato o realizzato da aziende statali cinesi. Solo in Indonesia, Pechino sta finanziando 8,6 GW di nuova capacità a carbone, in gran parte destinata all’industria mineraria. Altri progetti simili sono in corso in Kazakistan, Nigeria, Malesia e Uzbekistan.
I BRICS verso la decarbonizzazione? Ci sono ancora troppi ostacoli
Nel 2024, per la prima volta, le fonti fossili non rappresentano più la maggioranza della capacità energetica complessiva dei Paesi BRICS. Ma è una svolta più simbolica che reale. Su 139 GW di nuove rinnovabili pianificate nei nuovi membri del blocco, solo il 7% risulta attualmente in costruzione, contro il 44% degli impianti a carbone. In nove dei dieci nuovi membri BRICS, meno di 0,3 GW di energia eolica e solare è in fase di sviluppo attivo.
Questo squilibrio conferma che, sebbene la Cina sia oggi il motore mondiale delle rinnovabili, continua a esportare combustibili fossili e a frenare la transizione energetica nel Sud globale. La Cina ha costruito la propria potenza industriale sull’utilizzo intensivo del carbone e ha pagato un prezzo ambientale altissimo: deforestazione, desertificazione, erosione del suolo, contaminazione di fiumi e città soffocate dallo smog. Ma oggi, grazie a una politica industriale aggressiva e centralizzata, è riuscita a posizionarsi come leader mondiale dell’energia pulita.

Il presidente Xi Jinping ha assicurato che l’impegno climatico del Paese “non rallenterà, qualunque sia l’evoluzione della situazione internazionale”. Tuttavia, se Pechino non smetterà di finanziare e costruire impianti a carbone all’estero, rischia di vanificare parte dei benefici climatici ottenuti sul proprio territorio.
La traiettoria è tracciata, ma il tempo stringe. Per contribuire in modo decisivo al contenimento del riscaldamento globale, la Cina dovrà affiancare all’espansione delle rinnovabili una riduzione strutturale del carbone, sia a livello nazionale che internazionale. Solo così potrà davvero guidare il mondo verso una transizione energetica equa, coerente e a prova di futuro.