San Francisco fa causa ai giganti del cibo ultra-processato: “Hanno creato una crisi sanitaria”
La città di San Francisco ha avviato la prima causa governativa negli Stati Uniti contro colossi del cibo ultra-processato.
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SSan Francisco si schiera apertamente contro le multinazionali degli alimenti ultra-processati. La città ha avviato la prima causa governativa negli Stati Uniti contro colossi come Coca-Cola, Kellogg’s, Nestlé, PepsiCo, Kraft Heinz, General Mills e Mondelez, accusandoli di aver messo i profitti davanti alla salute pubblica.
Secondo il City Attorney David Chiu, queste aziende avrebbero “preso il cibo e lo hanno reso irriconoscibile e dannoso per il corpo umano”, contribuendo alla diffusione di malattie cardiovascolari, obesità, diabete, tumori e disturbi mentali.
Gli alimenti ultra-processati, dalle bibite zuccherate agli snack confezionati, passando per i cereali, le merendine, i piatti pronti e i prodotti da forno industriali, rappresentano più del 70% dell’offerta alimentare statunitense e oltre il 60% delle calorie assunte quotidianamente dai bambini. Formulati con additivi, aromi artificiali, coloranti, esaltatori di sapidità, dolcificanti e conservanti, sono studiati per essere irresistibili e a lunga conservazione, ma risultano poveri di nutrienti essenziali e hanno effetti negativi documentati su diversi sistemi dell’organismo.
Un’ampia revisione scientifica pubblicata di recente ha evidenziato correlazioni con danni a ogni principale organo e funzione del corpo umano. Non si tratta, sottolineano gli autori, di scelte sbagliate da parte dei cittadini, ma del frutto di un sistema alimentare costruito per rendere gli UPF onnipresenti e difficili da evitare.
Cibo ultra-processato, la responsabilità delle aziende sotto processo
Nell’accusa, presentata per conto del Popolo della California presso la Corte Superiore di San Francisco, si sostiene che le multinazionali abbiano messo in atto strategie ingannevoli di marketing, vendendo come salutari prodotti tutt’altro che benefici, e omettendo informazioni fondamentali sugli effetti sulla salute. Il paragone utilizzato da Chiu è netto: l’industria del food ultra-processato starebbe seguendo la stessa tattica del tabacco, cioè massimizzare i profitti pur conoscendo i danni.

La città chiede risarcimenti per coprire i costi sanitari di una crisi che pesa su ospedali e famiglie, e l’introduzione di nuovi obblighi di trasparenza e restrizioni al marketing, soprattutto verso minori e comunità vulnerabili. Negli Stati Uniti, infatti, l’impatto peggiore si registra tra bambini e popolazioni a basso reddito, spesso più esposte alle offerte alimentari economiche ma dannose.
Un precedente storico con effetti globali
San Francisco non è nuova a battaglie di questo tipo: la California ha già vietato diversi additivi alimentari problematici, introdotto una definizione legale di UPF e promosso politiche pionieristiche paragonabili a quelle che in passato hanno portato a cause storiche contro tabacco, oppioidi e vernici al piombo. La nuova azione legale si inserisce dunque in un percorso consolidato di tutela della salute pubblica.
L’iniziativa ha però un peso ben oltre i confini statunitensi. Le aziende coinvolte dominano anche il mercato europeo e italiano. Se questa causa aprirà la porta a regolamentazioni più stringenti negli USA, ciò potrebbe generare un effetto domino internazionale, spingendo governi e istituzioni a intervenire per ridurre l’impatto degli ultra-processati sulle popolazioni.