Il collasso del sistema di correnti oceaniche dell’Atlantico non è più solo teorico
Secondo un nuovo studio il collasso del sistema di correnti oceaniche dell’Atlantico (AMOC) non è più soltanto una teoria.
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NNel cuore dell’Oceano Atlantico scorre una corrente fondamentale per la stabilità climatica globale: l’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC). Questa “super-corrente” trasporta enormi quantità di acqua calda dai Tropici verso il Nord Atlantico e acqua fredda dall’Artico verso sud, regolando il clima di vaste aree del Pianeta. È grazie all’AMOC se l’Europa gode di inverni relativamente miti. Ma secondo nuovi studi pubblicati su Geophysical Research Letters ed Environmental Research Letters, il rischio di un collasso non è più solo un’ipotesi teorica.
Dal frigorifero alla friggitrice: il paradosso climatico
Gli scenari delineati dai modelli climatici sono sorprendenti e preoccupanti. Se l’AMOC dovesse collassare, il Nord Europa potrebbe affrontare inverni glaciali con temperature medie sotto lo zero per mesi e punte fino a -20°C a Londra o -48°C a Oslo.

Parallelamente, le estati diventerebbero torride e siccitose, con sbalzi termici estremi tra le stagioni: un’Europa che passa “dal frigorifero alla friggitrice”. Le zone più colpite sarebbero il Regno Unito, la Scandinavia, i Paesi Bassi e il Belgio, mentre il Sud Europa resterebbe relativamente più stabile, almeno nelle prime fasi.
Collasso del sistema di correnti oceaniche dell’Atlantico, un evento a bassa probabilità
Il collasso dell’AMOC viene ancora classificato come evento a bassa probabilità ma ad alto impatto. Tuttavia, le nuove simulazioni indicano che il punto di non ritorno potrebbe essere raggiunto entro i prossimi 10-20 anni. Da quel momento in poi, il cedimento diventerebbe inevitabile, anche se potrebbe manifestarsi solo dopo 50 o 100 anni. Secondo le proiezioni, con emissioni di gas serra elevate il 70% dei modelli porta a un collasso, con scenari di rischio non trascurabili anche in caso di riduzione delle emissioni (25% dei modelli).
Oltre al raffreddamento europeo, le conseguenze globali sarebbero drammatiche: innalzamento dei mari di oltre 50 cm, spostamento della fascia tropicale delle piogge da cui dipendono milioni di persone per l’agricoltura, siccità estive e crollo delle risorse idriche.
Il dibattito scientifico e il silenzio politico
Gli scienziati mettono in guardia da anni sul rischio che l’AMOC possa collassare “a tutti i costi da evitare”. Già oggi le osservazioni mostrano un indebolimento mai registrato negli ultimi 1.600 anni. Eppure, il tema resta confinato ai dibattiti scientifici. Nel 2024 climatologi di fama internazionale hanno scritto ai governi nordici chiedendo azioni immediate, ma la risposta politica è stata praticamente nulla.

Come ha dichiarato il professor Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research: “Ero solito dire che le probabilità di un collasso dell’AMOC erano inferiori al 10%. Ora, anche in scenari a basse emissioni compatibili con l’Accordo di Parigi, sembra più realistico parlare di un rischio del 25%. E anche solo il 10% sarebbe già troppo alto”.
Un futuro incerto che dipende dalle nostre scelte
Il rallentamento dell’AMOC è già in corso e, anche senza collasso totale, comporterà seri impatti sul clima europeo nei prossimi decenni. L’Artico si scalda più velocemente della media globale: il ghiaccio che fonde riversa acqua dolce nell’oceano, rendendola meno densa e rallentando il meccanismo di “sprofondamento” delle correnti. Questo innesca un circolo vizioso auto-alimentato che accelera l’instabilità del sistema.
Le simulazioni mostrano che, anche con un aumento di +2°C rispetto all’epoca preindustriale – lo scenario più probabile secondo l’IPCC – l’Europa settentrionale potrebbe trasformarsi in una nuova area glaciale. È quindi cruciale ridurre drasticamente le emissioni e prepararsi a un futuro climatico incerto, dove paradossalmente alcune regioni si raffredderanno mentre il pianeta continuerà a surriscaldarsi.