Depuratori del futuro: la luce UV abbatte oltre il 99% dei microinquinanti nelle acque reflue
Una nuova tecnologia a raggi ultravioletti sviluppata da ENEA promette di rivoluzionare la depurazione delle acque reflue.
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NNel cuore dell’Emilia-Romagna, una nuova tecnologia a raggi ultravioletti sviluppata da ENEA promette di rivoluzionare la depurazione delle acque reflue. Testata presso l’impianto HERA di Ferrara nell’ambito del progetto INTECH4WATER, la soluzione ha mostrato un’efficacia straordinaria nella rimozione di contaminanti farmaceutici come il diclofenac, un antinfiammatorio tra i più diffusi e persistenti nell’ambiente, con un tasso di abbattimento superiore al 99%.
Non si tratta solo di un avanzamento tecnico, ma di una risposta concreta alle sfide poste dai microinquinanti emergenti: residui di farmaci, antibiotici, interferenti endocrini e particelle plastiche che sfuggono ai trattamenti convenzionali e minacciano la salute degli ecosistemi acquatici. Grazie all’uso combinato di cromatografia liquida e rilevatori ad alta sensibilità, i ricercatori sono in grado di identificare e analizzare tracce infinitesimali di sostanze come carbamazepina, levofloxacina, claritromicina ed eritromicina.
Il sistema non si limita al solo abbattimento chimico: include anche il monitoraggio delle microplastiche, un fronte ancora poco esplorato nei depuratori tradizionali. Tecnologie come la spettroscopia infrarossa (micro-FTIR) consentono di distinguere le fibre sintetiche da molecole naturali, contribuendo a una mappatura precisa dell’inquinamento da particelle plastiche.
Verso un trattamento integrato e circolare delle acque reflue
L’obiettivo di INTECH4WATER non è una sola tecnologia, ma un sistema modulare e integrato che combini luce UV, ozonizzazione, filtri ceramici e fotocatalitici, e persino colture di microalghe. Queste ultime non solo contribuiscono alla depurazione, ma generano anche biomasse riutilizzabili per fertilizzanti, mangimi e bioenergia. Un approccio coerente con i principi dell’economia circolare e della strategia europea One Health.

“Il nostro obiettivo è trattare i reflui in modo efficace e sostenibile, restituendo all’ambiente acque sicure o reimpiegandole in agricoltura e industria”, spiega la coordinatrice del progetto, Simonetta Pancaldi. “Tutti i test sono supportati da analisi chimiche, microbiologiche e statistiche avanzate, per garantire risultati affidabili e ripetibili.”
Un’innovazione in linea con le direttive europee
Il progetto si inserisce nel nuovo quadro normativo europeo: secondo la Direttiva UE 2024/3019, entro il 2045 tutti gli impianti sopra i 150.000 abitanti equivalenti (o 10.000 in aree sensibili) dovranno rimuovere almeno l’80% dei microinquinanti organici, senza aumentare il consumo energetico. Un obiettivo ambizioso che richiede soluzioni scalabili e adattabili ai diversi contesti urbani e industriali.
L’Italia, dove oltre il 40% dei depuratori risulta non conforme agli standard comunitari, è chiamata a un rapido adeguamento. In questo contesto, il lavoro di ENEA e dei partner scientifici (tra cui Università di Ferrara e Bologna, CNR e Gruppo HERA) rappresenta un passo decisivo nella giusta direzione.
Dal laboratorio alla realtà
Per ora, la tecnologia è in fase sperimentale, ma le prospettive sono promettenti. “Se i risultati si confermeranno stabili, sarà possibile integrare il sistema UV nei depuratori esistenti, senza stravolgere le infrastrutture attuali”, afferma Luigi Sciubba, referente ENEA per il progetto. “In futuro, potremmo ottenere impianti più efficienti, in grado di rispondere in tempo reale alla presenza di microinquinanti.”
Con il riscaldamento globale e la crescente pressione sulle risorse idriche, ripensare il trattamento delle acque reflue non è più un’opzione, ma una necessità urgente. E questa luce, anche se invisibile, potrebbe davvero cambiare tutto.