Acque reflue trattate con minerali: una nuova arma contro il sequestro oceanico di CO2
Aumentare l’alcalinità delle acque reflue potrebbe accrescere in maniera rilevante la capacità di rimozione e stoccaggio di CO2 degli oceani.
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TTrattare le acque reflue con minerali ad alta alcalinità prima dello scarico in mare potrebbe rafforzare il ruolo degli oceani come pozzi di carbonio naturali. È quanto emerge da un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università dello Shandong, pubblicato sulla rivista Science Advances, che apre scenari promettenti per la lotta al cambiamento climatico.
Secondo i ricercatori, gli impianti di depurazione potrebbero contribuire in modo significativo alla rimozione di CO₂ atmosferica, grazie a una tecnica chiamata ottimizzazione dell’alcalinità marina (OAE, Ocean Alkalinity Enhancement). Il metodo prevede l’aggiunta di composti minerali alcalini alle acque reflue prima del rilascio in mare, con l’obiettivo di aumentare l’alcalinità e ridurre l’acidità oceanica, migliorando al contempo la capacità dell’oceano di assorbire anidride carbonica.
Le stime elaborate dagli scienziati indicano che il potenziale globale di sequestro della CO₂ tramite questa strategia potrebbe arrivare fino a 18,8 teragrammi l’anno. I tre principali poli economici – Stati Uniti, Cina e Unione Europea – sarebbero responsabili da soli di oltre il 50% di questo potenziale di assorbimento.
Olivina e altri minerali: un aiuto dalle acque reflue
Nel contesto sperimentale dello studio, i ricercatori hanno trattato le acque reflue con olivina – un silicato naturale ricco di magnesio e ferro – dimostrando un incremento dell’alcalinità totale di 10 millimoli per chilogrammo. Questo aumento ha facilitato l’assorbimento della CO₂ e ha anche mostrato una significativa rimozione di fosfati, contribuendo così al miglioramento complessivo della qualità dell’acqua.
Un risultato chiave dello studio è che la velocità di dissoluzione dell’olivina in acque reflue trattate aerobicamente è risultata oltre 20 volte superiore rispetto alla dissoluzione in acqua marina. Questo significa che gli impianti di trattamento delle acque reflue potrebbero agire come acceleratori del processo di sequestro del carbonio in aree costiere strategiche.
Un doppio beneficio per clima e ambiente marino
L’adozione di questa tecnologia porterebbe vantaggi su due fronti: riduzione della CO₂ atmosferica e contrasto all’acidificazione oceanica. Quest’ultima è una delle principali minacce per gli ecosistemi marini, in particolare per i coralli, i molluschi e altre forme di vita sensibili ai cambiamenti del pH marino.
Lo studio contribuisce inoltre a colmare un’importante lacuna scientifica: fino a oggi, infatti, si conosceva poco dell’effetto dell’alcalinità sull’efficienza del sequestro del carbonio. I nuovi dati mostrano che l’intervento sui reflui potrebbe essere una soluzione economicamente e tecnologicamente accessibile, da integrare alle strategie di mitigazione già esistenti.
Verso nuove politiche di gestione costiera
I risultati dello studio suggeriscono che i sistemi di trattamento delle acque reflue possano diventare alleati fondamentali nella lotta al cambiamento climatico. Questo richiederebbe però l’adozione di nuove politiche pubbliche e investimenti mirati per integrare la tecnica OAE negli impianti esistenti.
In un contesto globale che cerca soluzioni urgenti per ridurre le emissioni climalteranti, l’ottimizzazione dell’alcalinità marina potrebbe rappresentare una strategia vincente, sia per l’ambiente sia per la salute degli ecosistemi marini.