E-commerce dai Paesi extra UE: una tassa per acquisti sotto i 150 euro
E-commerce dai Paesi extra UE, via libera a una nuova tassa europea di 1 euro su ogni pacco sotto i 150 euro: tutto quello che c’è da sapere.
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LL’era dei pacchi a basso costo spediti dalla Cina senza dazi né contributi ambientali sta per finire. I ministri finanziari dell’Unione europea hanno approvato l’abolizione dell’esenzione dai dazi doganali per le spedizioni di valore inferiore a 150 euro provenienti da Paesi extra UE, una misura che colpisce direttamente il modello di business delle grandi piattaforme di e-commerce asiatiche. Parallelamente, Bruxelles ha dato il via libera a una nuova tassa europea di 1 euro su ogni pacco sotto i 150 euro, mentre il governo italiano valuta di introdurre anche una propria eco-tassa da 2 euro sui pacchi leggeri fino a 2 chili di peso.
E-commerce dai Paesi extra UE: cosa ha deciso l’Ecofin
La decisione è arrivata in sede Ecofin, il Consiglio che riunisce i ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Unione europea. Il pacchetto approvato prevede due passaggi chiave. Da un lato, l’eliminazione dell’esenzione dai dazi per le merci di valore inferiore a 150 euro che entrano nel mercato unico. Dall’altro, l’introduzione di una tassa unitaria di 1 euro su ogni pacco contenente merci di valore inferiore a tale soglia, proveniente da Paesi non comunitari.

La ministra danese dell’Economia, Stephanie Lose, ha chiarito che la misura potrà entrare in vigore solo quando sarà operativo l’hub dei dati doganali UE, una piattaforma centralizzata pensata per coordinare meglio i controlli tra le diverse autorità nazionali. A livello europeo, la decorrenza generale è fissata al 2028, ma gli Stati membri hanno ottenuto la possibilità di anticipare l’applicazione già al 2026. L’Italia è tra i Paesi che spingono per questa accelerazione e il governo Meloni non esclude di introdurre le nuove regole già con la prossima legge di Bilancio.
Una stangata per l’e-commerce cinese (e per il regime de minimis)
Nel mirino della riforma ci sono soprattutto le piattaforme di e-commerce cinese come Shein, Temu o AliExpress. Oggi il sistema sfrutta il cosiddetto regime de minimis, cioè quella soglia di valore al di sotto della quale le dogane non applicano dazi e controlli dettagliati, per ragioni di efficienza amministrativa. In Europa questa soglia è fissata appunto a 150 euro. In pratica, le aziende possono spedire milioni di piccoli pacchi direttamente dalla Cina, ognuno con un valore dichiarato inferiore al limite, evitando così dazi, controlli stringenti e la necessità di avere magazzini sul territorio europeo.
Secondo le stime degli organismi comunitari, nel 2024 nell’UE sono arrivati circa 4,6 miliardi di pacchi di valore inferiore a 150 euro e il 91% di queste spedizioni proviene dalla Cina. Il Codacons ha calcolato che l’applicazione della tassa da 1 euro potrebbe tradursi in un onere complessivo fino a 9,2 miliardi di euro l’anno, se i volumi dovessero rimanere invariati.

La strategia è stata finora estremamente vantaggiosa per l’e-commerce cinese, che ha potuto offrire prezzi bassissimi grazie all’assenza di dazi, alla mancanza di costi di stoccaggio in Europa e all’uso intensivo del trasporto aereo per ridurre i tempi di consegna. Con la nuova normativa, il regime de minimis viene di fatto svuotato: ogni pacco extra UE sotto i 150 euro dovrà comunque pagare 1 euro alla dogana, creando un costo fisso che inciderà in modo sensibile sulla merce a basso prezzo.
Concorrenza più equa per i produttori europei
Per Bruxelles e per diversi governi nazionali, Italia in testa, l’obiettivo non è solo fare cassa. L’eliminazione dell’esenzione e l’introduzione della tassa mirano a correggere una distorsione competitiva che penalizza il commercio europeo. I prodotti a basso costo spediti direttamente dalla Cina, spesso senza i medesimi standard di sicurezza, qualità o tutela del lavoro, riescono a entrare nel mercato unico con costi fiscali e logistici nettamente inferiori rispetto a quelli sostenuti dai produttori europei.

Il settore della moda è tra i più colpiti. Il presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Giulio Felloni, ha definito la decisione dell’Ecofin «un segnale importante per ristabilire condizioni di concorrenza più eque tra i nostri negozi e le piattaforme estere che, finora, hanno potuto beneficiare di vantaggi». Anche la Commissione europea, nel commentare la fine dell’esenzione, ha sottolineato che il vecchio regime non è più giustificato alla luce del boom dell’e-commerce e contribuisce a creare una concorrenza sleale rispetto al commercio al dettaglio tradizionale.
L’ipotesi di una eco-tassa italiana da 2 euro sui pacchi leggeri
Parallelamente alla misura europea, il governo italiano sta valutando una propria iniziativa fiscale a carattere ambientale. L’ipotesi sul tavolo è l’introduzione di una eco-tassa di 2 euro su ogni pacco sotto i 2 chili di peso in arrivo nel nostro Paese, indipendentemente dal valore della merce contenuta. L’argomento principale è l’impatto ambientale del modello di consegna frammentata: milioni di piccole spedizioni, spesso con imballaggi sovradimensionati, trasportate in buona parte per via aerea o attraverso reti logistiche ad alta intensità di emissioni.
La proposta nasce anche dalle richieste avanzate dalla Camera della Moda e da altri attori del settore, che vedono nella piccola logistica internazionale a basso costo un doppio problema: concorrenza sleale per le imprese e costi ambientali scaricati sulla collettività. La nuova tassa potrebbe entrare nella Manovra come strumento sia di gettito, sia di disincentivo all’abuso di micro-spedizioni, spingendo verso modelli più razionali e aggregati.
Impatto su consumatori e mercato: chi pagherà il conto?
Resta da capire chi assorbirà il costo delle nuove misure. In teoria, la tassa europea da 1 euro e l’eventuale eco-tassa italiana da 2 euro potrebbero essere sostenute in parte dalle piattaforme di e-commerce e in parte trasferite sui consumatori, attraverso un aumento dei costi di consegna o dei prezzi finali dei prodotti. È probabile che su articoli dal prezzo molto basso, pochi euro complessivi, l’impatto percentuale risulti significativo, riducendo l’appeal di acquisti impulsivi e superflui.
Agli occhi delle istituzioni, però, questa dinamica non è necessariamente negativa. L’obiettivo complessivo è ridurre l’afflusso di merci ultra-economiche che arrivano in Europa con costi ambientali e sociali nascosti, mentre si rafforza il tessuto produttivo interno. Se le misure verranno accompagnate da controlli efficaci e da una maggiore trasparenza sui costi ambientali delle spedizioni, potrebbero anche orientare le scelte dei consumatori verso opzioni più sostenibili e durature.
Un tassello di una strategia più ampia su commercio, clima e digitale
La stretta sui piccoli pacchi extra UE va letta dentro una strategia più ampia. Da un lato, c’è la volontà europea di riprendere il controllo sul commercio digitale, dopo anni in cui le regole fiscali e doganali sono rimaste ancorate a un’economia analogica. Dall’altro, c’è la necessità di allineare le politiche commerciali agli obiettivi climatici, intervenendo su un modello di consumo basato su spedizioni rapide, frammentate e altamente emissive.
L’abolizione dell’esenzione daziaria e l’introduzione della tassa da 1 euro rappresentano quindi un doppio segnale: agli operatori dell’e-commerce globale, che dovranno internalizzare almeno parte dei costi finora scaricati sul sistema; ai cittadini europei, chiamati a confrontarsi con il vero prezzo ambientale e sociale del “tutto e subito” a basso costo. Se e come queste misure riusciranno a cambiare le abitudini di acquisto e a riequilibrare la concorrenza con le imprese europee, lo diranno i prossimi anni. Intanto, una cosa è chiara: l’era del pacco extra UE senza dazi e quasi senza regole sta per chiudersi.