COP30 di Belém al via tra assenze eccellenti e promesse indebolite

Si è ufficialmente aperta a Belém, in Brasile, la COP30, la trentesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

COP30 di Belém al via tra assenze eccellenti e promesse indebolite

SSi è ufficialmente aperta a Belém, in Brasile, la COP30, la trentesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Per due settimane, quasi 200 delegazioni provenienti da tutto il mondo discuteranno di come ridurre le emissioni di gas serra e sostenere economicamente i Paesi più vulnerabili alla crisi climatica. Ma la conferenza, ospitata per la prima volta nel cuore dell’Amazzonia, si apre in un clima di profonda incertezza politica e di disillusione. A dieci anni dagli Accordi di Parigi, gli impegni presi allora appaiono ormai lontani: il limite di 1,5°C sembra fuori portata e la cooperazione internazionale, invece di rafforzarsi, mostra segni evidenti di stanchezza.

COP30, le assenze pesanti: USA, Cina e India fuori dal tavolo dei leader

Le aspettative sulla COP30 erano alte, ma le assenze dei principali inquinatori mondiali rischiano di svuotare la conferenza del suo significato politico. Donald Trump ha deciso di non partecipare, annunciando che gli Stati Uniti non invieranno nessun rappresentante di alto livello. Una scelta coerente con la linea dell’amministrazione americana, che ha più volte sostenuto i combustibili fossili e ridicolizzato le politiche per l’energia pulita. Lo stesso Xi Jinping ha rinunciato a presenziare, delegando il vicepremier Ding Xuexiang, mentre l’India sarà rappresentata dal proprio ambasciatore in Brasile.

COP30 di Belém al via tra assenze eccellenti e promesse indebolite

Secondo il Centro comune di ricerca dell’Unione europea, Cina, Stati Uniti e India sono responsabili insieme di quasi il 50% delle emissioni globali, mentre l’Ue contribuisce per il 5,9%. L’assenza dei leader di queste potenze è dunque un colpo durissimo per un vertice che avrebbe dovuto imprimere una svolta decisiva nella lotta alla crisi climatica.

Un’Europa meno ambiziosa e più divisa

Se gli Stati Uniti si sfilano apertamente dal tavolo climatico, anche l’Unione europea arriva a Belém con un atteggiamento più timido rispetto al passato. Dopo essere stata per anni il motore delle politiche ambientali globali, oggi l’Europa appare indebolita e frammentata. La nuova maggioranza politica a Bruxelles ha ridimensionato il Green Deal, introducendo flessibilità e scappatoie che rischiano di annacquare gli obiettivi di riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Gli Stati membri potranno infatti compensare parte delle loro emissioni finanziando progetti fuori dai confini dell’Ue, una misura che, secondo molti osservatori, trasforma un impegno climatico in un artificio contabile.

Brasile, sospesa la moratoria sulla soia
© Pixabay

La presenza di leader come Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen non basta dunque a restituire forza all’azione europea, mentre il messaggio politico si indebolisce ulteriormente di fronte alle divisioni interne e alla crescente pressione dei settori industriali tradizionali.

L’Italia a Belém senza Meloni: parla Tajani, ma le Ong criticano

L’Italia partecipa alla COP30 con il Ministro degli Esteri Antonio Tajani e il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), che prenderanno parte agli eventi del Padiglione Italia e al Cities and Regions Hub. Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scelto di non partecipare, una decisione che per molte associazioni ambientaliste rappresenta un segnale di disinteresse verso una delle emergenze più gravi del nostro tempo.

Secondo Chiara Campione, direttrice di Greenpeace Italia, l’assenza della premier e le parole di Tajani confermano l’arretramento dell’Italia sul fronte climatico. “Il ministro ha rivendicato un accordo europeo che in realtà è un passo indietro: un piano debole, basato su meccanismi che spostano parte delle riduzioni fuori dall’Ue e che favoriscono i combustibili fossili. Le parole di Tajani sembrano scritte da Eni più che da un rappresentante delle istituzioni“, ha dichiarato Campione.

COP30, un vertice in Amazzonia ma senza slancio politico

La scelta di ospitare la COP30 in Amazzonia — uno dei luoghi simbolo della lotta contro la deforestazione e il cambiamento climatico — doveva rappresentare un momento di svolta. Eppure, l’assenza dei leader globali e la mancanza di nuovi impegni concreti rischiano di ridurre l’evento a un rituale diplomatico senza visione. Come ha ricordato il segretario generale dell’ONU António Guterres, «il mancato rispetto del limite di 1,5°C rappresenta un fallimento morale e una negligenza mortale». Un richiamo che suona ancora più urgente in un contesto di ritiro politico e disimpegno collettivo.

Tra crisi geopolitiche, elezioni imminenti e pressioni economiche, la lotta al cambiamento climatico non è più una priorità per molte potenze mondiali. Tuttavia, le voci della società civile, dei Paesi più vulnerabili e delle nuove generazioni continuano a chiedere azioni immediate e verificabili. L’auspicio è che la COP30 possa almeno rilanciare un dialogo costruttivo e riaffermare un principio fondamentale: il futuro del clima non può essere oggetto di compromessi politici, ma di responsabilità condivisa e visione comune. In un’Amazzonia che brucia e si rigenera ogni giorno, il mondo intero osserva Belém con la speranza che, da questa volta, le promesse non restino solo parole.

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