Black Friday, l’indagine di Greenpeace su Shein: “Sostanze tossiche su un terzo di abiti”

Alla vigilia del Black Friday, Greenpeace Germania torna a puntare i riflettori su Shein, il colosso cinese del fast fashion.

Black Friday, l’indagine di Greenpeace su Shein: “Sostanze tossiche su un terzo di abiti”

AA poche ore dal Black Friday, il momento in cui gli sconti spingono a comprare capi che spesso non servono e durano pochissimo, un nuovo report di Greenpeace Germania riporta al centro un tema scomodo: cosa c’è davvero dentro i vestiti ultra low cost che compriamo online. Nel mirino c’è ancora una volta Shein, il colosso cinese dell’ultra fast fashion, già coinvolto nel 2022 in un’analisi simile.

Il nuovo studio, intitolato “Shame on you, Shein!”, conferma che le promesse dell’azienda sulla gestione delle sostanze chimiche pericolose non hanno prodotto i risultati sperati: il 32% dei capi analizzati (18 su 56) contiene sostanze tossiche oltre i limiti di legge europei, in violazione del regolamento REACH. Tra questi, anche indumenti per bambini, considerati a tutti gli effetti “illegali” secondo la normativa UE.

Cosa ha trovato Greenpeace negli abiti Shein

Tra maggio e giugno 2025, gli attivisti di Greenpeace hanno acquistato 56 prodotti Shein – scarpe, giacche, vestiti, pigiami per adulti e bambini – inviandoli poi a un laboratorio indipendente per le analisi chimiche. I risultati parlano chiaro:

  • in totale sono state rilevate 11 sostanze chimiche pericolose;
  • ftalati in concentrazioni eccessive in 14 prodotti;
  • PFAS (i “forever chemicals”, già messi al bando dalla UE) oltre i limiti in 7 prodotti, tutte giacche idrorepellenti;
  • presenza di piombo e cadmio, metalli pesanti tossici e persistenti.

I PFAS sono definiti “inquinanti eterni” perché si accumulano nell’ambiente e negli organismi senza degradarsi, e sono associati a tumori, disturbi riproduttivi, problemi di crescita e indebolimento del sistema immunitario. Gli ftalati, usati come plastificanti, sono noti interferenti endocrini. Insieme, compongono un cocktail chimico che non dovrebbe essere presente – e men che meno oltre i limiti di legge – in capi venduti liberamente sul mercato europeo.

Chi è più esposto: lavoratori, consumatori, bambini

Secondo il report, le persone più esposte a queste sostanze sono innanzitutto i lavoratori coinvolti nella produzione di scarpe e abiti, spesso in contesti in cui le tutele sanitarie sono minime. Ma anche i consumatori non sono affatto al sicuro.

Shein e la sostenibilità mancata: nel 2024 le emissioni salgono del 23%

Le principali vie di esposizione indicate da Greenpeace sono:

  • contatto cutaneo, favorito dal sudore, che facilita il rilascio delle sostanze dal tessuto alla pelle;
  • inalazione delle microfibre e delle particelle rilasciate dai capi;
  • suzione dei tessuti nei neonati e nei bambini piccoli, che aumenta il rischio di ingestione.

Una volta lavati o gettati via, questi indumenti possono rilasciare sostanze tossiche nelle acque reflue e nel suolo, entrando nella catena alimentare ed esercitando un impatto duraturo sugli ecosistemi.

Il modello Shein: sovrapproduzione, plastica e rifiuti tessili

Il caso chimico non è separabile dal modello industriale. Shein è oggi il sito di moda più visitato al mondo, con circa 363 milioni di visite mensili, più di Nike, Myntra e H&M messi insieme. La piattaforma offre stabilmente oltre mezzo milione di modelli, circa venti volte l’assortimento di H&M. Il giro d’affari è esploso in pochi anni, dai 23 miliardi di dollari di fatturato nel 2022 ai 38 miliardi nel 2024, con le emissioni quadruplicate nello stesso periodo.

Secondo Greenpeace, l’82% delle fibre utilizzate da Shein è poliestere, una plastica derivata da combustibili fossili. Abiti che costano pochissimo, durano poco, si degradano in microplastiche e finiscono rapidamente nei rifiuti, spesso in Paesi del Sud globale già sotto pressione da montagne di scarti tessili importati.

E-commerce Se spendi meno di 150 euro su Shein e Temu
© Pexels

Nonostante multe milionarie e le ripetute denunce di violazioni delle norme europee su ambiente e consumatori, l’azienda continua a sfruttare scappatoie doganali e controlli insufficienti sulle sostanze chimiche, alimentando un sistema di sovrapproduzione che non è sostenibile né per il pianeta, né per la salute.

“Shein è il simbolo di un sistema guasto”

Le parole di Moritz Jäger-Roschko, esperto di economia circolare di Greenpeace, sono nette: «Shein rappresenta un sistema guasto di sovrapproduzione, avidità e inquinamento». Non solo i prodotti appaiono contaminati da sostanze pericolose, ma gli stessi articoli segnalati in test precedenti ricompaiono in forme quasi identiche, con gli stessi problemi chimici. Per Greenpeace, è la dimostrazione che l’autoregolamentazione volontaria non funziona.

La preoccupazione non riguarda solo Shein. Qualche mese fa, il commissario europeo per la Giustizia Michael McGrath si era detto «scioccato» dalla pericolosità di molti prodotti venduti su Shein e Temu, dopo una vasta operazione di “acquisti in incognito” condotta a livello UE. I risultati avevano evidenziato una presenza preoccupante di articoli non conformi o contenenti sostanze tossiche.

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