Sargasso fuori controllo: l’alga tossica che soffoca i Caraibi e minaccia turismo, salute ed ecosistemi
I numeri dell’invasione di sargasso che sta colpendo il Mar dei Caraibi e le coste della Florida sono impressionanti. E le cause sono tante.
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UUna striscia lunga oltre 8.800 chilometri e un peso record di 31 milioni di tonnellate: sono questi i numeri impressionanti dell’invasione di sargasso che sta colpendo il Mar dei Caraibi e le coste della Florida. Un fenomeno naturale che ha perso l’equilibrio e si è trasformato in una delle emergenze ambientali più gravi degli ultimi anni, con impatti devastanti su ambiente, economia e salute pubblica.
Il sargasso – o Sargassum – è un’alga bruna galleggiante, storicamente parte integrante dell’ecosistema oceanico. Ma a partire dal 2011 la sua proliferazione è diventata incontrollata, complici l’aumento della temperatura delle acque, la siccità in Amazzonia e il massiccio apporto di nutrienti, soprattutto azoto, da fertilizzanti e deflussi fluviali. Ad aprile 2025, con la stagione della crescita appena iniziata, l’università della South Florida ha registrato livelli mai visti: +40% rispetto al precedente record del 2022.
Sargasso: i danni ambientali, economici e sanitari
Quando il sargasso si accumula a riva, rende impraticabili le spiagge, ostacola la pesca e compromette la salute umana. Una volta spiaggiato, infatti, marcisce rilasciando idrogeno solforato e ammoniaca, gas tossici e maleodoranti che irritano occhi, pelle e apparato respiratorio. Ma anche prima di raggiungere la costa, l’alga provoca gravi squilibri ecologici: impedisce il passaggio della luce ai fondali, abbassa i livelli di ossigeno disciolto e danneggia coralli, vegetazione e catene alimentari marine.
Le conseguenze per l’economia sono pesanti, soprattutto in aree che vivono di turismo balneare. Da Miami alla Riviera Maya, i resort si ritrovano circondati da acque torbide e spiagge coperte da masse maleodoranti. Anche la pesca è in difficoltà: le alghe si impigliano nelle reti e le strappano a causa del peso.
Cause dell’invasione: una crisi ambientale alimentata dall’uomo
Sebbene la presenza di sargasso nell’oceano Atlantico sia un fenomeno naturale, la crescita fuori controllo è strettamente legata all’attività umana. L’azoto in eccesso proviene dai fertilizzanti agricoli usati intensivamente, trasportati attraverso il fiume Mississippi e i suoi affluenti, ma anche dall’Amazzonia, dove anni di siccità hanno lasciato il terreno ricco di materiale organico facilmente dilavabile con le prime piogge. Inoltre, l’azoto arriva anche dall’atmosfera, spinto dai venti o generato dalla combustione di combustibili fossili.
Le temperature oceaniche elevate, unite alla scarsa presenza di forti correnti marine, creano le condizioni ideali per la riproduzione vegetativa del sargasso, che cresce ininterrottamente da marzo a ottobre.
Dalle barriere alle innovazioni: come si affronta l’emergenza
Per contrastare il fenomeno, le autorità stanno installando barriere galleggianti e attivando sistemi di raccolta in mare. Il governo di Quintana Roo, in Messico, è uno dei più attivi in questo campo. Ma si tratta di interventi costosi e spesso inefficaci, vista l’enorme estensione delle alghe e la loro capacità di rigenerarsi rapidamente.
Alcuni Paesi, come la Giamaica, hanno introdotto sistemi di allerta precoce per monitorare le correnti e anticipare l’arrivo delle alghe, permettendo ai pescatori e alle comunità locali di prepararsi. Sul fronte tecnologico, la startup Sos Carbon, nata al MIT, ha sviluppato una barca in grado di raccogliere il sargasso in mare aperto prima che raggiunga la riva.
Dal problema all’opportunità: riutilizzare il sargasso
Nonostante i danni, alcuni vedono nel sargasso una possibile risorsa. Le sue proprietà assorbenti possono essere sfruttate per depurare l’acqua o produrre biocarburanti. A Barbados, la ricercatrice Legena Henry ha messo a punto un carburante ricavato da alghe che funziona anche nei motori delle auto. A Saint Lucia, l’azienda Algas Organics commercializza fertilizzanti naturali a base di sargasso.
Altri progetti sperimentano l’uso di queste biomasse per produrre mattoni ecologici, materiali biodegradabili o per il sequestro del carbonio, affondando le alghe in profondità per intrappolare CO₂ in modo naturale. Una strategia promettente, ma ancora in fase di studio.
Un segnale d’allarme globale
L’invasione di sargasso non è un caso isolato, ma un sintomo di un disequilibrio sistemico che riguarda clima, agricoltura, inquinamento e uso delle risorse. Gli esperti avvertono che, senza un cambio di rotta nelle politiche ambientali e agricole, il problema continuerà a peggiorare, trasformando ogni estate tropicale in un incubo per le coste atlantiche.
È tempo di agire non solo sugli effetti, ma anche sulle cause. Ridurre l’uso di fertilizzanti, proteggere le foreste, tagliare le emissioni e investire in innovazione sono passaggi fondamentali per prevenire nuove crisi ecologiche. Il sargasso, da alga utile a minaccia globale, ci ricorda che gli ecosistemi hanno bisogno di equilibrio – e noi di rispetto per i loro limiti.